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Noè Marullo (dal libro scritto da Franco Cuva)

"Noè Marullo, scultore amastratino" Palermo, 1985


Noè Marullo, nato a Mistretta il 13 novembre del 1857 da Saverio, falegname, e da Giovanna Lipari, casalinga, artisticamente si forma nel clima culturale neoclassico del secondo ottocento, propugnato e divulgato, in Italia, dal Carducci. Egli crede in maniera così profonda alle teorie classiche di bellezza, gusto, armonia, perfezione da dichiarare che l'arte antica, soprattutto quella greca di Fidia, Mirone, Prassitele, “ è sublime, insuperabile ” . Essendo, però, figlio del suo secolo rivolge i suoi interessi anche agli artisti che prepararono e formarono il Rinascimento italiano: Mantegna, Perugino, Botticelli, Michelangelo, Leonardo e a quel Canova, che per gli scultori dell'800 è il maestro da imitare. Marullo, per ben 12 anni, prima nella bottega del padre falegname, poi a Palermo “ nello studio dello scultore Valenti ”, infine a Roma, presso l'Accademia delle Belle Arti, s'impegna in un'attività di studio del disegno e della scultura che lo induce a lavorare senza sosta ed a rifare il medesimo lavoro per due, tre volte finché l'opera non raggiunge quel livello artistico che rientra nei canoni classici. E' chiaro che questa produzione giovanile è fredda, manierata, impersonale. Tuttavia si lascia ammirare perché frutto di ricerca di uno stile e poi perché fa trasparire l'esigenza dell'artista ad educare il popolo al gusto del bello.
Tali opere arricchiscono diverse case della borghesia palermitana e romana ed alcuni palazzi amastratini: le allegorie della pittura, della scultura, della poesia, della musica, poste all'esterno della casa Di Salvo, oggi Faillaci, ed i putti in pietra posti all'esterno del palazzo Tita. Un'opera giovanile è da considerarsi il busto in marmo di Giuseppe Garibaldi, “ scolpito a Roma negli anni 1881-82 ”, donato dall'artista al comune di Mistretta per l'aiuto economico ricevuto per il mantenimento agli studi artistici palermitani e romani, e collocato dall'Amministrazione comunale nella villa di Mistretta: “ L'eroe dei due mondi viene ritratto vecchio e con gli occhi, sotto una fronte corrugata, guardanti lontano ”. Lasciata Roma, Noè Marullo, per sua libera scelta, nella primavera del 1885 fa ritorno definitivamente nella sua città natale ed a Mistretta pianta bottega in vicolo Gullo ed ivi, aiutato da mastro Calogero Capra che gli leviga tavoloni di pino o cipresso, “ idea i suoi fantasmi dandovi vita e corpo ” fino alla sua morte avvenuta il 5 maggio 1925.
Lontano dalle Accademie, Marullo dà inizio alla sua vera e originale produzione artistica che si esprime con le figure della Madonna, nelle cui fattezze l'autore imprime e comunica ideali di bellezza, pudicizia, umanità: fonte d'ispirazione è sua moglie Stella Cuva. Una dopo l'altra dalle sue sgorbie, dai suoi scalpelli vengono fuori le statue della “ Madonna del Carmine ” e, “ L'Assunta ”, nella chiesa di S. Giovanni a Mistretta; “ L'Annunziata ” e “ S. Lucia ” a Castel di Lucio; “ L'Immacolata ” della chiesa di S. Nicolò in Mistretta e quella del duomo di Geraci. Nelle sembianze della Madonna lo scultore amastratino riesce ad amalgamare il senso del divino con quello dell'umano in un equilibrio di stile, dato da una scultura armoniosa e da una finitura pittorica simbolista.
Le Madonne del Marullo sono viste come creature oranti e senza peccato, trionfatrici sul serpente che morde questa nostra umanità, slanciate verso l'alto ad indicare la meta del cammino cristiano che non finisce al termine di questa esistenza ”; esse, con quegli occhi densi di sensibilità terrestre e rivolti verso la gente, comunicano un messaggio d'amore ed inducono a pensare che il rapporto Dio-Uomo s'instaura per mezzo di creature pure, come la Madonna, che, nelle sculture del Marullo, si liberano dai contenuti umani per mezzo di quel colore cristallino nelle fattezze, splendide come il sole. Il ciclo della Madonna si chiude con “ L'Addolorata ” di Caronia. Noè modella la statua in una forma più verista nelle pieghettature snelle del corpo e della veste e dona al volto della Vergine “ un'espressione di dolore antico ” e “ più amaro della morte ”. Dopo questa opera, Marullo ricerca nuovi temi e uno stile più personale ma soprattutto matura una diversa concezione di sentire l'arte, che deve trovare un riscontro con la vita. “ Il creato è meraviglioso “, scrive Marullo, “ ma l'uomo con le sue azioni egoistiche offende tutto ciò che è stato voluto da Dio ”.
Nel mondo, pertanto, regna il dolore che sconfina spesso nell'angoscia e l'artista non può sconoscere questa realtà e non deve nasconderla agli esseri umani. Gli anni di fine secolo diciannovesimo, difatti, sono difficili per Marullo ma anche per la maggioranza del popolo italiano. Noè è deluso sia come uomo sia come intellettuale. Attanagliato da una situazione economica difficile, “ perché scarsi sono i lucri della sua opera ”, l'artista mistrettese non riesce a trovare committenti per esprimersi come vorrebbe. Inoltre si sente umiliato e offeso per quello che politicamente succede in Italia: le manifestazioni degli operai a Milano, le organizzazioni dei Fasci dei Lavoratori Siciliani vengono represse dalla polizia. Egli ad indicare il suo stato d'insofferenza scolpisce in marmo “ L'Angelo morto ” che è posto sul frontone della chiesa della S.S. Trinità in Mistretta. L'opera, ricca di simbolismo, genera discussioni e tesi d'interpretazione. Marullo, cristiano e cattolico, arriva al punto d'immaginare un angelo morto, quando un puro spirito, insegnano le sacre scritture, è immortale. Forse l'artista nasconde dietro la metafora dell'Angelo morto la crisi di una cultura? O vuole testimoniare un suo momento di pessimismo, inteso come travaglio interiore per tutto ciò che l'uomo desidera e l'artista non riesce a soddisfare? Il fatto è che dopo questa scultura Marullo tace artisticamente per un certo periodo. Ma nel silenzio dei suoi soliloqui riscopre un'idea che si traduce in autentica e sincera espressione d'arte. Incontra difatti il Dio, che per amore degli esseri si fa uomo, cioé Cristo. E accanto a Gesù ritrova quella schiera di Santi che per vocazione scelgono la via del Vangelo. In pochi anni e in una spasmodica ricerca di un suo stile crea i suoi veri capolavori: “ Il Cristo Redentore ”, chiesa del S.S. Rosario-Mistretta; “ San Sebastiano ”, chiesa di S. Sebastiano-Mistretta; “ Il Beato Felice da Nicosia ”, chiesa di S. Francesco-Mistretta; “ Il Crocifisso ” e “ San Francesco ” - Centuripe; “ L'Ecce Homo ”, chiesa di S. Maria - Mistretta; “ Sant'Antonio di Padova ”, chiesa di S. Francesco - Mistretta. E' un momento di fervida e feconda ispirazione per lo scultore amastratino. Egli ritrae S. Sebastiano nell'atto del trapasso: il volto giovanile e gentile mostra un'espressione di sovrumana sofferenza; il corpo snello e slanciato, anatomicamente perfetto anche nei particolari manifesta i muscoli tesi ad indicare l'attimo dell'ultimo sospiro. Vede il Beato Felice da Nicosia nell'atteggiamento francescano del servo di Dio, umile e semplice, che questua in mezzo alla gente per chiedere pane e donare pace e serenità. Il Crocefisso di Centuripe, martoriato di ferite, rivela il sacrificio del Dio-Uomo che soffre nell'abbandono dello spasimo. La scultura è molto verista ma la finitura pittorica sconvolge quelle forme reali per donarle un'immagine serafica e divina.
L'artista durante le fasi di lavoro dei suoi capolavori: “ vive i drammi dei personaggi scolpiti ” e ne rivela i momenti più scottanti curando i particolari delle fattezze con delicata mano. Essi non sono altro poi che la sua anima. E più lo scultore soffre e più l'opera come un incanto si conforma ai disegni dell'autore. E quando le sventure della vita colpiscono la sua integrità e quella della sua famiglia, Marullo non contesta più, anzi lievita il suo dolore nel candore di un'arte più suggestiva ai suoi bisogni di uomo: il lavoro e la famiglia. Nascono così i due gruppi della “ Sacra Fa-miglia ”, chiesa del Collegio di Maria-Mistretta, Chiesa Madre di Reitano. Marullo in S. Giuseppe configura l'uomo del lavoro mentre affida alle sembianze di Maria una dolcezza d'espressività femminile casta e pura e riproduce nel volto allegro e gioioso del bambino il viso della figlia Giustina, morta all'età di 14 anni. Ritorna al tema del lavoro ancora con il San Giuseppe, scolpito per la cripta della Società Operaia. Dopo queste opere la vena d'ispirazione del Marullo si va a poco a poco spegnendo ed egli non fa altro che rifare lavori già eseguiti nel passato. Ma col passare degli anni si chiude in un aristocratico isolamento. Perciò affida i suoi pensieri ad un diario, che ancora oggi non è stato ritrovato. Forse in quelle pagine Marullo comunicò quello che per tutta la vita cercò di conciliare: vita ed arte, che spesso gli si presentarono contraddittorie se non antietiche.


Aggiunti 5/5/2025
Mistretta, presentato il nuovo libro del professore Francesco Cuva sullo scultore Noè Marullo

"NOE' MARULLO SCULTORE AMASTRATINO" IL SAGGIO DEL PROF FRANCESCO CUVA MISTRETTA AGOSTO 2022

"A tu per tu" con il Prof.Francesco Cuva

Articolo scritto da Francesco Cuva in occasione del centenario

MISTRETTA (ME), OMAGGIO ALL’ARTISTA NOE’ MARULLO

Il cinque maggio 2025, gli abitanti di Mistretta (Messina) commemorano la dipartita dello scultore, pittore e architetto Noè Marullo (1857-1925), che ha amato tanto la sua città e ha lasciato tracce del suo ingegno a Roma, nella stessa Mistretta e in tanti altri paesi dei Nebrodi.
Marullo ha iniziato a scolpire fin dalla fanciullezza, riproducendo il fercolo di san Sebastiano, opera Giovan Battista e Giuseppe Li Volsi della vicina Nicosia.
Dietro sollecitazione del barone Lipari, il comune di Mistretta, presieduto dall’avvocato Di Salvo, gli elargisce un sussidio per mantenerlo agli studi e lo raccomanda all’architetto Giovan Battista Basile (1825-1891) che dal 1873 al 1879 è presente in città per strutturare il nuovo cimitero.
A Palermo, il mistrettese (o amastratino) vive un momento felice perché alla scuola per gli operai, fondata nel 1864 dal Basile, e negli studi di Benedetto Civiletti (1845-1899), Salvatore Valenti (1835-1903) e Pietro Volpes( 1827-1924) matura la sua entità artistica, umana e sociale.
Gli insegnanti lo introducono nel Casino dell’Arte in cui l’architetto Basile e altri artisti elaborano il Manifesto dell’Arte Nouveau, che avrà la sua codificazione nel 1885 in seno al il Circolo Artistico. Pertanto, nel secondo Ottocento, Palermo s’impone come città di cultura con il Modernismo che durerà fino al 1925.
Questo processo culturale si afferma con convegni e incontri cui partecipano artisti e intellettuali europei. Sono presenti alle varie manifestazioni gli allievi dei maestri palermitani. Nei vari incontri si discutono le tesi di Jon Ruschin (1819-1900) che sostiene la necessità di un forte ruolo dello Stato a sostenere l’arte e si approfondiscono le tematiche di Pasquale Villari, il quale “scrive che l’arte svolge un ruolo importante nell’interesse della cultura e dell’educazione nazionale”.
Marullo memorizza i passi più salienti del futuro Manifesto e rimarrà fedele a questi principi per tutta la vita.
Nel Manifesto si definisce il valore morale dell’arte e si proclama che tra l’arte e la storia esiste una corrispondenza. Se l’artista li vive giorno dopo giorno, spetta alla scuola divulgare queste teorie. Ma la scuola bisogna rifondarla su basi scientifiche e metodologiche. Solo così si possono creare quadri professionali, capaci di incidere sull’uomo e sulla società. Accanto alle nuove generazioni, necessita educare la classe operaia e artigianale e stabilire un rapporto vitale tra artisti, artigiani e maestranze locali. Dunque, secondo Basile e collaboratori, è opportuno dare vita a luoghi di promozione artistica e di relazioni tra varie categorie sociali.
Marullo si fa interprete di queste tesi con scritti e manufatti che spedisce alle autorità comunali. Ne danno conferma le lettere dell’architetto Basile e degli scultori Civiletti e Salvatore Valenti, del pittore Pietro Volpes [4] agli amministratori comunali di Mistretta. L’attenzione di questi artisti nei confronti dello studente è così benevola da farlo partecipare ai loro lavori. Tra l’altro, l’architetto Basile lo invita a dialogare con i suoi coetanei in modo da suscitare in loro interesse per il destino delle comunità siciliane.
Conseguito il diploma di scultore, Civiletti lo invoglia a frequentare l’Accademia di Belle Arti di Roma, ex San Luca. Non si tirano indietro gli amministratori amastratini i quali si rivolgono al sindaco di Roma Pietro Venturi, appartenente alla sinistra storica, per un sostegno burocratico.
Nel 1877, l’amastratino raggiunge Roma e rimane estasiato di fronte allo stemma dell’Accademia: un triangolo equilatero, formato da tre strumenti, pennello, scalpello e compasso, simboli di tre professioni.
Durante gli anni di accademia Marullo stringe amicizia con Giuseppe Sacconi (1854-1905) che è ospite del Sodalizio dei Piceni. E il 9 gennaio 1878, dipartita di Vittorio Emanuele II, i due giovani realizzano un busto in bronzo del re, ammirato dalle autorità romane.
Accanto all’attività artistica, l’amastratino s’immerge in uno studio disperato per recuperare le carenze in alcune discipline.
Studia anche di notte finché il sonno non lo vince. Se la didattica in Accademia è uniforme in tutti i settori, la ricerca di un nuovo stile e di moderni contenuti è varia secondo le idee di ogni professore. Chi impone la sublime eleganza delle forme, Cesare Mariani (1826-1901) e chi invece opta per il vero, Gerolamo Masini (1840-1885). Fuori dall’Accademia gli artisti annunciano la fine di questa istituzione pubblica e rivolgono la loro attenzione a Parigi. Non mancano i ribelli, come il messinese Saro Cucinotta (1830 1871); questi invitano il governo a chiudere gli istituti di Belle Arti e i giovani a scioperare. Marullo e i suoi compagni di corso hanno altri interessi tra cui il conseguimento di un diploma e l’aspirazione a lasciare traccia del loro estro. Sicuramente ognuno manifesta le sue problematiche, derivanti dalle condizioni economiche.. Tra l’altro tutti gli studenti si rammaricano per la chiusura delle Associazioni di Belle Arti che sponsorizzavano mostre temporanee e monografiche.
Marullo confessa le sue ansie al professore messinese Dario Guerci (1831-1918)[7] che lo ammonisce a non perdere la fiducia nel futuro.
Il tempo scorre veloce e Noè nel 1885 consegue i diplomi di scultore, pittore e architetto. Senza perder tempo, apre studio a Roma in via Ripetta e in quell’ambiente dà sfogo alla sua fantasia con disegni, dipinti e sculture. Tra i clienti, il deputato Giuseppe Salamone gli ordina la dea Leda e l’artista ne fa un commento in un suo scritto. La sua modella è una giovane ragazza romana che lo sprona a lavorare con continuità. Invece, Lui ha bisogno di pause, di riflessioni e spesso non porta a termine, nei tempi stabiliti, i lavori prenotati. Dopo un anno, fa una scelta, chiude lo studio, rompe il rapporto con la modella e fa ritorno alla sua città natale ove apre un laboratorio.
Prima di mettersi al lavoro stila un programma artistico, architettonico e sociale da mettere al vaglio dell’amministrazione comunale, dei presidenti dei sodalizi e della borghesia. Sa che in città sono presenti “parecchi milionari” e li coinvolge per dare una svolta all’ambiente amastratino.
La società operaia lo asseconda, nominandolo professore di disegno per i soci. Anche la società operaia di Castel di Lucio gli affida ore di insegnamento per educare i soci al bello. Infine la direzione dell’Istituto tecnico di Mistretta lo inserisce nel collegio dei docenti. Nei pomeriggi, l’amastratino si reca nella bottega dei Sutera in cui realizza opere in ferro battuto.
Assecondano le sue tesi tanti borghesi con il fine di rendere la città di Mistretta unica nelle sue strutture architettoniche. La famiglia Di Salvo, pertanto, gli propone di abbellire la facciata del suo palazzo con lunette. Dopodiché Antonio Tita gli affida la ristrutturazione del suo palazzo, mentre la signora Checchina Salamone lo sollecita a ripristinare una sua casetta e la società operaia di Mistretta gli affida la direzione dei lavori per la cripta sociale.
Marullo si sente realizzato per tali incarichi e, rivolgendosi al sindaco, gli propone la realizzazione di un museo all’aperto con un’architettura scenica, segno di educazione per il popolo e motivo di attrazione per i turisti.
Da laico convinto, non propone solo teorie, ma scende in difesa degli appartenenti ai Fasci Siciliani e nel 1898 è a fianco di chi chiede pane per la famiglia.
Agli inizi del XX secolo riceve committenze da parte della parrocchia, delle confraternite e di tanti che hanno un ex-voto da soddisfare. Non rifiuta il lavoro e, come suo costume, per la realizzazione di un’immagine sacra è scrupoloso nella ricerca dei dati agiografici. Poi realizza il disegno da cui ricava un bozzetto, infine a misura d’uomo costruisce la statua sacra. Al fine di rendere reale il prodotto finito, sceglie come modelli, la moglie, i figli, i collaboratori e qualsiasi persona che si adatta alla produzione. Con immagini prese dal vero, sviluppa il ciclo della Madonna (bellezza e purezza), di san Giuseppe (lavoro), dei Santi Martiri (sacrificio), dei Santi francescani (solidarietà). In ogni immagine si nasconde una storia umana e spirituale come il bambino che si aggrappa al bavero di sant’Antonio da Padova perché protetto dal terremoto del 1908. Riceve critiche ed elogi quando realizza la statua di san Sebastiano, patrono di Mistretta, da inserire nel fercolo dei Li Volsi. L’artista, dopo tante prove, lo coglie negli attimi del primo martirio,esaltandone la bellezza anatomica quasi femminea e la serenità del volto, atte ad attrarre l’attenzione del fedele e del visitatore.
Quando raggiunge il massimo della sua arte, il destino lo mette alla prova. In un decennio perde due figli Andrea e poi Giustina; la ragazza bella e vivace segue le orme del padre. Don Noè si dispera e, in segno di protesta, chiude bottega e si rifugia nella solitudine della campagna. In altri termine subisce il trauma del male oscuro. Lo scuote e lo sveglia dal torpore la moglie Stella Cuva , invitandolo a sapere affrontare con coraggio la vita.
Superata la crisi intima, è scosso dalle vicende tragiche della Grande Guerra. Perciò scrive al figlio, che si trova in prima linea, a non procurargli altro dolore; nello stesso tempo si rappresenta nel tondo per la cripta della società operaia vecchio come Noè, mentre Giustina da bambina scherza con la sua barba. Per noi amastratini Noè Marullo è un grande artista che ha saputo interpretare il proprio tempo, con un contributo pedagogico continuo e lasciando in ogni angolo della città i segni della sua arte.
Dunque, l’eredità di questo uomo è notevole. Egli ha amato Mistretta in modo viscerale e l’ ha sognata elegante, affascinante, ricca e giusta, contribuendo a renderla tale. Ha interpretato il lavoro come riscatto sociale con la sua attività imprenditoriale; ha superato dolori e angosce attraverso il puro sentimento religioso e l’affetto dei familiari. Basta osservare attentamente “Il risveglio dell’Angelo”.
Non ha rinunciato al fascino di Mazzini ed è stato solidale con gli artigiani, gli operai, i contadini; ha amato la patria, ma non ha accettato la guerra e la violenza in genere. Marullo perciò è stato ed è un artista di valore e un uomo serio ed onesto ossia un esempio da imitare.

Note:
[1] J. Ruschin, Opere, Laterza, Bari,1987.
[2] P. Villari,Discussione d’arte, , Nuova Antologia, fascicolo IV, 1883, p. 680.
[4] Archivio Comunale Mistretta, G.B.F. Basile, Lettera del 29 luglio 1875.,
[5] Architetto e pittore eseguì pitture sacre tra cui la Sacra Famiglia.
[6] Incisore, critico d’arte, patriota messinese. Fu fucilato a Parigi nel 1871.
[7] Pittore, giornalista e polemista, partecipò a Messina alla rivolta anti borbonica nel 1860. Fu al seguito di Garibaldi e professore alla Accademia di Belle Arti di Roma.
[8] G. Lorenzoni, Inchiesta parlamentare sulle condizioni dei contadini nelle province meridionali. Sicilia, parte terza, Roma, 1910.

Francesco Cuva